Facoltà di Teologia

Teologia fu una delle prime quattro facoltà istituite nel 1620, venne poi riconfermata durante la rifondazione sabauda del 1764 e cessò di esistere nel 1873 con la Legge del 26 gennaio, n. 1251, dopo un periodo di inattività.

Teologia fu una delle quattro facoltà istituite alla fondazione dell’Università di Cagliari; la sua storia rispetto alle altre facoltà è stata breve e travagliata caratterizzata da continui sconvolgimenti. Le Costituzioni approvate il 1° febbraio 1626 stabilirono che la facoltà fosse composta da sei cattedre, quattro tenute dai gesuiti e due destinate a spiegare le dottrine di San Tommaso e dello Scoto, ma sin da subito dovette fare i conti con una diminuzione del numero di iscritti e di graduati causata dalle difficoltà di natura istituzionale, organizzativa ed economica che l’ateneo era chiamato ad affrontare e che chiaramente avevano pesanti ripercussioni sull’andamento degli studi.


Questa condizione di crisi fu il quadro che si presentò ai piemontesi all’indomani della presa di possesso della Sardegna nel 1720; nel 1755, nella sua relazione Arnoud, incaricato da Carlo Emanuele III di descrivere le condizioni dell’ateneo e avanzare proposte di riforma, registrò che la situazione della facoltà teologica era particolarmente grave: affermò che si insegnavano solo la Scolastica a cui si era aggiunto di recente l’insegnamento di Morale. Si denunciò, inoltre, il fatto che i principi di morale insegnati non erano dei più sani, e «mancava il pascolo delle anime degli studenti verso la buona coscienza»; inoltre si stavano radicando sempre più le superstizioni e le credenze.

Nel 1764 con l’approvazione delle nuove Costituzioni fu stabilito che la facoltà fosse composta da tre cattedre: una di Sacra Scrittura e Lingua Ebrea (corso quadriennale) tenuta da Paolo Maria Oggero; una di Scolastico Dogmatica e Storia Ecclesiastica (corso quinquennale) tenuta da Tommaso Vasco e una di Morale e Conferenze (corso quadriennale) tenuta dallo lo scolopio Liberato Fassoni.

Nonostante tutti nutrissero grandi aspettative la facoltà dovette fare i conti con una molteplicità di complicazioni: da una parte doveva rimediare alla mancanza di libri di testo e dall’altra doveva provvedere a risolvere la trasgressione commessa dagli studenti che una volta ordinati sacerdoti non seguivano più le lezioni. Si cercò di rimediare a ciò negando l’ammissione al sacerdozio a coloro che non si fossero laureati ma questa proposta non poteva essere presa in considerazione in quanto i villaggi rischiavano di rimanere senza celebranti.

Dal 1847, a seguito della fusione perfetta, la situazione andò a peggiorare e iniziò una rapida decadenza probabilmente causata dagli orientamenti culturali che la consideravano di scarso interesse e privilegiavano la Giurisprudenza e la Medicina. Fino alla metà degli anni Sessanta dell’Ottocento i corsi proseguirono senza grandi difficoltà ma il numero degli studenti diminuì anno per anno, fino a quando nel 1866 si registrò un solo iscritto; quando questo studente conseguì il titolo la facoltà cessò completamente la sua attività formativa.

La Legge Casati non fece nessun riferimento alle facoltà teologiche lasciando dunque immutato il suo ordinamento; una lieve modifica fu introdotta con il decreto del 12 novembre 1860 che mutò il nome ai corsi che furono denominati Storia ecclesiastica, Teologia speculativa e Materia sacramentale, Istituzioni bibliche e Sacra scrittura, Teologia morale ed Istituzioni teologiche.

Fu il ministro Matteucci a porre nuovamente l’attenzione sulla condizione delle facoltà, infatti nel 1862 pochi mesi prima di approvare il nuovo regolamento chiamò le facoltà delle università di tutto il regno a rispondere ad alcuni quesiti affinché lo aiutassero a migliorare il pubblico insegnamento. Fu domandato se fosse necessario il mantenimento di una facoltà in ogni ateneo oppure se fosse meglio tenerla solamente in una o due università, o addirittura se fondare un Istituto teologico, biblico, linguistico nella futura capitale del regno. La risposta di Cagliari ribadì che fosse un male la chiusura dei corsi, poiché tale decisione avrebbe spinto gli studenti a seguire gli studi privati e ciò avrebbe comportato il deterioramento degli studi teologici.

La situazione di stallo che si creò, giunse al culmine il 17 dicembre 1871, quando il ministro dell’Istruzione Cesare Correnti presentò alla Camera dei deputati un disegno di legge sulla soppressione delle facoltà teologiche. Il disegno, discusso tra il 25 e il 30 aprile 1872, prevedeva la chiusura di tutte le Facoltà di Teologia e che gli insegnamenti di Lingue Orientali e di Storia Ecclesiastica fossero trasferiti alle Facoltà di Lettere e Filosofia.

Il ministro, consapevole del fatto che stava affrontando una questione molto delicata, difese la sua proposta ponendo l’attenzione in primo luogo sulle questioni economiche, giudicando uno spreco mantenere aperte delle facoltà che non avevano iscritti e, in secondo luogo, sul fatto che negli ultimi regolamenti universitari non era stato ritenuto opportuno citare queste facoltà. Dopo svariate discussioni il 26 gennaio 1873 il Regio Decreto n. 1251 si ufficializzò la chiusura delle Facoltà di Teologia di tutte le Università del Regno d’Italia.

 

Bibliografia essenziale

Autore: Valeria Zedda
Coordinamento scientifico: Eleonora Todde